destinato a informare i funzionari pubblici sugli obblighi assunti dallo Stato ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Il presente toolkit intende fornire informazioni e indicazioni pratiche ai funzionari pubblici degli Stati parti contraenti della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (qui di seguito "la Convenzione"), per metterli in grado di rispettare i diritti conferiti dalla Convenzione alle persone con cui entrano in contatto nell’esercizio delle loro funzioni e di adempiere agli obblighi imposti agli Stati dalla Convenzione, in modo da prevenire, per quanto possibile, ogni sua violazione.

A chi è destinato questo toolkit?

Il toolkit si rivolge essenzialmente ai funzionari dell’ordine giudiziario e agli appartenenti alle forze dell’ordine o ai servizi di sicurezza, oppure al personale incaricato dell’esecuzione delle pene privative di libertà. Più particolarmente (ma non limitatamente), si propone di informare gli agenti delle forze dell’ordine, gli agenti della polizia penitenziaria, i funzionari dell’immigrazione e il personale di ospedali psichiatrici giudiziari o di altre strutture di accoglienza per persone vulnerabili.

Più in generale, il toolkit è rivolto a tutti i funzionari le cui mansioni a diretto contatto con il pubblico possono sollevare questioni legate alla tutela dei diritti garantiti dalla Convenzione, per esempio gli assistenti sociali, gli ufficiali dello stato civile e i funzionari incaricati del rilascio di licenze o di permessi.

Non è destinato a giudici, magistrati, avvocati o pubblici ufficiali di alto rango, ma piuttosto ai funzionari pubblici che svolgono funzioni "in prima linea" a contatto diretto con il pubblico. Non richiede conoscenze giuridiche preliminari.
Il toolkit contiene:

  • Una guida dei diritti conferiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli e dei relativi obblighi spettanti agli Stati, illustrati seguendo l’ordine in cui tali disposizioni figurano nella Convenzione. Le disposizioni che risultano più pertinenti per le attività dei funzionari pubblici a cui è rivolto questo toolkit sono trattate in modo molto più dettagliato rispetto a quelle riguardanti questioni o problemi che si pongono più raramente. Il toolkit non intende contemplare tutte le ipotesi che possono presentarsi, come lo farebbe un manuale di diritto, ma si concentra piuttosto in maniera selettiva sulle questioni più importanti e che sorgono più frequentemente.  
  • Una checklist, contenente una serie di domande e di punti da verificare, per porre in risalto gli aspetti da prendere in considerazione: può aiutare i funzionari pubblici a stabilire se una determinata situazione potrebbe sollevare problemi relativi al rispetto della Convenzione.

La Convenzione e il suo funzionamento

 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (per citare il suo titolo ufficiale) è un trattato internazionale tra gli Stati membri (attualmente 47) del Consiglio d’Europa (da non confondere con l’Unione europea). Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale istituita all’indomani della seconda guerra mondiale con l’obiettivo di promuovere la democrazia, i diritti umani e lo stato di diritto. La Convenzione è stata adottata nel 1950. Gli Stati sono tenuti a rispettare gli obblighi derivanti dalla Convenzione a partire dal momento in cui la ratificano e ne diventano Parti contraenti. Tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa hanno ratificato la Convenzione.

La Convenzione è accompagnata da un certo numero di Protocolli opzionali, che ne completano le disposizioni relative ai diritti sostanziali da essa garantiti. Gli Stati membri possono decidere se accettare o meno tali Protocolli; non tutti gli Stati membri hanno ratificato tutti i Protocolli opzionali. Occorre quindi verificare quali Protocolli sono stati ratificati dal vostro Stato consultando il sito dell’Ufficio dei trattati del Consiglio d'Europa (Europe Treaty Office website).

N.B.: Vi invitiamo a inviare ogni suggerimento utile destinato a migliorare il contenuto o la presentazione di questo sito. Non esitate a farci pervenire le vostre informazioni e commenti utilizzando l’apposito formulario per contattarci.

 

 

 

Indietro Libertà di riunione e di associazione

L’articolo 11 garantisce due diritti che possono essere esercitati collettivamente con altri.

La libertà di riunione comprende le riunioni pubbliche o private, cortei, processioni, dimostrazioni e sit-in. Il loro scopo può essere politico, religioso o spirituale, sociale, o di altro tipo; non è imposto nessun limite allo scopo, ma ogni riunione deve essere pacifica. Episodi isolati di violenza non significano che una riunione non gode più di questo diritto, a meno che il suo scopo precipuo non fosse quello di perturbare l’ordine.

Obblighi positivi: lo Stato ha il dovere di proteggere dalla violenza dei perturbatori le persone che esercitano il loro diritto di riunione pacifica. In un’occasione, la polizia aveva formato un cordone di sicurezza per mantenere separati i manifestanti e i loro oppositori, ma non era stata in grado di evitare aggressioni fisiche e danni materiali. La Corte ha concluso che non aveva adottato le misure sufficienti per permettere lo svolgimento pacifico di una legittima manifestazione (United Macedonian Organisation Ilinden and Ivanov v. Bulgaria).

Le restrizioni o i divieti di riunione devono essere giustificati come indicato al comma 2, secondo il modello precedentemente spiegato, ossia le restrizioni devono (i) essere stabilite dalla legge (ii) devono perseguire uno scopo autorizzato e (iii) devono costituire misure necessarie in una società democratica, essere proporzionate e non discriminatorie (si vedano i precedenti paragrafi da 73 a 75). I fini autorizzati per tali restrizioni sono i seguenti:

  • sicurezza nazionale o pubblica sicurezza;
  • difesa dell’ordine o prevenzione dei reati;
  • protezione della salute o della morale;
  • protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Le autorità dispongono di un notevole margine di apprezzamento per determinare se una riunione proposta pone un rischio per la sicurezza pubblica o per uno degli altri fini enunciati, che potrebbero giustificare un’ingerenza, ma la presunzione deve essere a favore della libertà di riunione pacifica. Non rappresenta una violazione di tale diritto il fatto di richiedere che venga dato un preavviso alle autorità o sia richiesta un’autorizzazione preliminare, ma il rifiuto dell’autorizzazione costituisce un’ingerenza, che deve essere giustificata sulla base dei criteri rigorosi posti dal comma 2. Può essere constatata una violazione di tale diritto anche se la riunione si è svolta, malgrado il divieto (Baczkowski v. Poland).

Le autorità devono accertarsi che le restrizioni non siano discriminatorie. Il fatto che gli organizzatori di una riunione siano un gruppo di persone malviste non costituisce un motivo sufficiente per vietarla. È stata ad esempio constatata una violazione di tale diritto nel caso in cui l’autorizzazione di celebrare un servizio religioso in un parco è stata negata a una chiesa evangelica indicando come ragione il fatto che avrebbe potuto scontentare i seguaci della religione maggioritaria nella regione. Il ruolo delle autorità, in tali circostanze, è di dimostrare "pluralismo, tolleranza e apertura di spirito". Gli stessi principi sono applicabili ai gruppi etnici o politici minoritari, o ad altre minoranze, quali le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (LGBT) desiderose di organizzare dei cortei o delle manifestazioni.

Visto che la decisione di autorizzare o meno una marcia, una manifestazione, ecc… spetta generalmente alle forze dell’ordine, questa disposizione è molto importante. Il criterio essenziale deve essere di norma quello di evitare il rischio di violenza, intenzionale o meno. L’esistenza di tale rischio può giustificare certe restrizioni, mentre la sua assenza le rende difficilmente giustificabili.

La libertà di associazione è il diritto di associarsi con altri per costituire organi destinati a perseguire collettivamente degli obiettivi comuni. Comprende specificamente il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati per difendere gli interessi dei loro membri. Altri due tipi di associazioni che rivestono un’importanza particolare, come i sindacati, sono i partiti politici e le associazioni religiose.

I divieti o le restrizioni imposti ai partiti politici sono difficilmente giustificabili. La Corte ha sottolineato che la pluralità dei partiti è essenziale in una società democratica e il divieto di un partito politico richiede ragioni convincenti e impellenti. Il fatto che il programma di un partito miri a dibattere della situazione di una parte della popolazione di uno Stato non rende accettabile il suo divieto, in nome della minaccia che può rappresentare per l’integrità territoriale di un paese (United Communist Party of Turkey and others v. Turkey). Analoghe considerazioni si applicano al rifiuto di registrare un partito politico, che ha gli stessi effetti di un divieto.  

Per quanto concerne i gruppi religiosi, l’articolo 11 in combinato disposto con l’articolo 9 lascia supporre che i credenti possano associarsi liberamente, senza intervento dello Stato. Come per i partiti politici, esiste l’obbligo per le autorità statali di mostrarsi neutrali e imparziali. Un rifiuto non motivato di registrare una Chiesa dopo una modifica della legislazione ha comportato una violazione dell’articolo 11 (Moscow Branch of the Salvation Army v. Russia).

I sindacati hanno il diritto di negoziare collettivamente e di concludere accordi collettivi (Demir and Baykara v. Turkey). La Corte ha ritenuto che le restrizioni alle rivendicazioni sindacali rappresentano un’ingerenza nella libertà di associazione, che lo Stato deve giustificare ai sensi del comma 2. Un’eccezione particolare al comma 2 riguarda l’esercizio dei diritti garantiti dall’articolo 11, che può essere oggetto di restrizioni per i membri delle forze armate, delle forze di polizia, o dell’amministrazione dello Stato. Ognuna di tali restrizioni sarà interpretata strettamente dalla Corte.

La maggior parte dei ricorsi relativi alla libertà di associazione lamentano aspetti riguardanti la legislazione dello Stato, o atti degli alti funzionari statali o dei tribunali. Tuttavia, gli agenti di polizia e i funzionari incaricati della registrazione di associazioni future o esistenti, e soprattutto di sindacati, partiti politici e associazioni religiose, devono essere pienamente consapevoli del loro obbligo di imparzialità e della necessità che le restrizioni imposte siano giustificate da ragioni impellenti.

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