Dieci anni di riforme, note come Processo di Interlaken, hanno “rafforzato il sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Questo è quanto dichiarato dai presidenti delle riunioni "Diritti umani" del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nella loro introduzione al rapporto annuale 2019 del Comitato, incentrato sulla relativa supervisione dell’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il rapporto mostra che, tra il 2010 e il 2019, vi sono stati 2.120 nuovi casi “di riferimento” – evidenziando problemi strutturali e/o sistemici a livello nazionale – e 2.287 casi di questo tipo sono stati chiusi, per un tasso di chiusura del 108%. Tra il 2000 e il 2010, in confronto, vi erano stati 1.470 nuovi casi di riferimento e solo 602 casi di questo tipo erano stati chiusi, per un tasso di chiusura del 41%.
Al 31 dicembre 2019, un totale di 5.231 sentenze e decisioni risultava pendente dinanzi al Comitato dei Ministri con diversi stadi di esecuzione. Questo numero includeva 1.245 casi di riferimento, in diminuzione rispetto al picco di 1.555 del 2015. 635 casi di riferimento erano pendenti da oltre 5 anni, rispetto ai 720 del 2016.
“L’attuazione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo è un elemento chiave per garantire il rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto in tutto il continente”, ha ricordato Christos Giakoumopoulos, Direttore generale Diritti umani e Stato di diritto del Consiglio d’Europa.
“Le recenti riforme suggeriscono che i casi vengono ora chiusi più rapidamente e che il numero di casi pendenti è in costante diminuzione. Ciononostante, il numero di casi pendenti è ancora considerevole ed emergono molte nuove sfide, il che dimostra la continua importanza di un impegno costruttivo e di una cooperazione tra il Consiglio d’Europa e gli Stati membri per continuare a compiere progressi”.
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