“Lo spazio per il dibatto democratico in Turchia si è ridotto in modo preoccupante a seguito di maggiori persecuzioni giudiziarie di intere categorie della società, tra cui giornalisti, parlamentari, accademici e cittadini ordinari, e per effetto di misure governative che hanno ridotto il pluralismo e portato all’autocensura. Questo deterioramento si è prodotto in un contesto molto difficile, ma né il tentato colpo di Stato, né le minacce terroristiche che interessano la Turchia possono giustificare le misure che violano così gravemente la libertà dei media e lo Stato di diritto. Le autorità dovrebbero cambiare urgentemente direzione e riformare radicalmente la legislazione e la prassi penali, rilanciare le misure volte a garantire l’indipendenza del potere giudiziario e riaffermare il loro impegno a proteggere la libertà di espressione”, ha dichiarato oggi Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, pubblicando un Memorandum sulla libertà di espressione e sulla libertà dei media in Turchia basato sui risultati delle due visite nel paese ad aprile e a settembre 2016.
Il Commissario si rammarica per il fatto che i progressi tangibili in materia di libertà dei media e libertà di espressione compiuti dalla Turchia in cooperazione con il Consiglio d’Europa siano stati interrotti e rimessi in discussione negli ultimi anni, portando a una situazione già preoccupante al momento della visita del Commissario ad aprile 2016. “In particolare, con un’applicazione eccessivamente ampia delle nozioni di “propaganda terroristica” e di “sostegno a un’organizzazione terroristica”, anche a dichiarazioni e a persone che chiaramente non incitano alla violenza, insieme a un ricorso eccessivo alle disposizioni che puniscono la diffamazione, la Turchia ha intrapreso un percorso molto pericoloso. La contestazione legittima e la critica della politica governativa sono vilipese e represse, il che riduce lo spazio per il dibattito pubblico e democratico e polarizza la società”. Questa situazione si è aggravata notevolmente dall’istituzione dello stato di emergenza che conferisce all’esecutivo turco un potere discrezionale pressoché illimitato e gli consente di applicare misure radicali, compreso contro i media e le ONG, senza dover presentare prove o raggiungere decisioni giudiziarie e sulla base di criteri non chiari per le accuse di “collegamento” a un’organizzazione terroristica.